Primo maggio, Consigliere regionali Araneo e Verri (M5s): non più una festa ma un grido di verità e giustizia. Di seguito la nota integrale.
Quella del primo maggio nasce come una festa volta a cantare le numerose lotte susseguitesi negli anni per ottenere garanzie, tutele e sicurezza sul lavoro. Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, la festa ha assunto tinte progressivamente più opache e retrogusti sempre più amari.
Il lavoro da tutelato e indeterminato è diventato determinato, frammentato, precario, instabile, sottopagato, escludente, discriminatorio.
2,2 milioni di famiglie versano in condizioni di povertà assoluta, ossia quasi 5,7 milioni di persone. Più di 2,8 milioni di famiglie, per un totale di oltre 8,4 milioni di persone, vivono in condizioni di povertà relativa.
Quasi 7 milioni di lavoratrici e lavoratori, inoltre, risultano essere poveri; cioè sette milioni di persone, pur lavorando, non riescono a provvedere sé stesse e alla propria autonomia.
Il lavoro è diventato povero: la logica capitalistica, avida e predatoria, ha annientato il lavoro e polarizzato il mondo tra i pochi che detengono moltissimo e i moltissimi che possiedono pochissimo.
Numeri che ci costringono alla riflessione più che alla celebrazione. Una riflessione che dobbiamo fare per le migliaia di persone che ogni anno abbandonano la nostra Basilicata in cerca di un lavoro, in generale, e di un lavoro compatibile e conseguente rispetto al proprio percorso di studi, in particolare.
Il primo maggio, per noi, è diventato un giorno di riconoscimento, lotta e rivendicazione.
Riconoscimento per il tanto che si è fatto, a partire dallo Statuto dei lavoratori.
Lotta per tutti i diritti che, nel mentre, sono stati smantellati, a partire dal Jobs Act.
Rivendicazione per il futuro sottratto a intere generazioni.
Ragazze e ragazzi paralizzati in un eterno presente tanto da non poter immaginare un domani. Il futuro non si profila all’orizzonte e la stabilità sembra un miraggio. Queste condizioni accorciano il respiro, fino a renderlo così rapido, breve e affannoso da generare e degenerare in disturbi d’ansia e in disagio mentale, sempre più frequenti tra giovani e meno giovani.
L’immaginazione del futuro, dunque, non può che passare dalla possibilità di un lavoro stabile, equamente retribuito e tutelato.
La campagna referendaria verso l’8 e il 9 giugno va in questa direzione: pertanto il primo maggio che ci apprestiamo a vivere sarà l’occasione ideale per ribadire il nostro convinto Sì ai cinque quesiti referendari sul lavoro e sulla cittadinanza.