Verso il Conclave per scegliere il successore di Papa Francesco, riflessioni di Franco Vespe. Di seguito la nota integrale.
Francesco è il sesto papa che ha attraversato la mia vita. Anche questo è stato un uomo e santo straordinario che ha lasciato un’impronta significativa nella vita della Chiesa e dell’umanità. Una prima cifra del suo pontificato è stata senza alcun dubbio la scelta della povertà e per i poveri. Lo si è subito capito dal nome scelto come Papa. La stessa scelta di rimanere in una piccola stanza nella residenza di Santa Marta e rifiutando di abitare i solitari saloni del vaticano per vivere in convivialità con la gente comune è stato un potente segnale della sua voglia di essere popolo. Ha fatto una scelta di povertà e di azione fattiva in favore dei poveri. Proviene d’altra parte da una Chiesa i cui temi della lotta alla povertà e di giustizia sociale sono particolarmente cogenti. Si è avvicinato negli anni 60 alla Teologia della Liberazione senza mai assumerne gli aspetti più estremistici e ripudiando fermamente gli aspetti violenti di essa. A Puebla nel 1979, nella ormai leggendaria III conferenza episcopale Sud Americana ne prese definitivamente le distanze. Durante la dittatura Videla degli anni 70 si prodigò per salvare i perseguitati del regime così come i gesuiti suoi confratelli che si erano esposti apertamente contro di essa. Non ne fu affatto connivente come certa vulgata complottista e furfantesca che serpeggia sui social va narrando. La sua prima visita da Papa fu a Lampedusa terra di sbarco di tanti sventurati in cerca di salvezza e futuro nel nostro continente. Conseguenziale è stata la seconda cifra del suo magistero centrata sulla declinazione della misericordia. Ormai leggendaria la sua frase:”La misericordia di Dio è la nostra liberazione e la nostra felicità. Noi viviamo di misericordia e non ci possiamo permettere di stare senza misericordia: è l’aria da respirare. Siamo troppo poveri per porre le condizioni, abbiamo bisogno di perdonare, perché abbiamo bisogno di essere perdonati”. Ed ancora: “Quanti di noi forse meriterebbero una condanna! E sarebbe anche giusta. Ma Lui perdona! Come? Con la misericordia che non cancella il peccato: è solo il perdono di Dio che lo cancella, mentre la misericordia va oltre. È come il cielo: noi guardiamo il cielo, tante stelle, ma quando viene il sole al mattino, con tanta luce, le stelle non si vedono. Così è la misericordia di Dio: una grande luce di amore, di tenerezza, perché Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza”. Non un Dio che intimorisce, che giudica implacabile col bilancino, ma addolcisce il suo giudizio con la vicinanza, il suo calore, la sua profonda umanità. Spesso nel suo magistero c’è stato l’equivoco che questo esercizio della misericordia così raccontato potesse annacquare il compito della Chiesa di salvare l’uomo dal peccato. E’ stata forte l’impressione che il giudizio sul peccato potesse essere superato, se non proprio sanato, dall’esercizio della misericordia. La famosa frase “chi sono io per giudicare” ha creato ai suoi tempi non pochi equivoci. Perdono e Misericordia sono i due binari lungo i quali corre la salvezza dell’uomo. Equivoci alimentati dalla nota “Fiducia Supplicans” redatta dal Dicastero per la dottrina della fede sulla possibilità di benedire anche le persone gay, letta erroneamente (?) come una sorta di sdoganamento delle unioni omosessuali. Una terza coordinata riguarda il suo ministero in difesa del creato. Di straordinaria importanza l’enciclica del 2015 “Laudato Si'”. Una enciclica da considerarsi in continuità con la sua dottrina sociale che ha ripreso temi ambientalisti già toccati dalla Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, sistematizzandolo in un corpus dottrinale solido e coerente. Questo corpus dottrinale è quello della Ecologia Integrale che nelle mani di Francesco diventa non solo chiave interpretativa del mondo ma anche prassi per intervenire nella storia. L’ecologia integrale sostiene che gli esseri umani sono parte di un mondo più ampio e richiede “soluzioni integrali che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali” (LS 139). Mentre lo studio degli ecosistemi è molto conosciuto nella scienza dell’ecologia, l’ecologia integrale amplia questo paradigma considerando le dimensioni etiche e spirituali della relazione tra gli esseri umani e il mondo della natura, attingendo alla cultura, alla famiglia, alla comunità, virtù, religione e rispetto del bene comune. Per gettare le basi dell’Ecologia integrale Papa Francesco ha attinto dalla figura e la riflessione del paleontologo gesuita Theilard de Chardin le cui opere, insieme a Karl Rahner, hanno fatto parte delle mie letture teologiche giovanili. Il paleontologo fece una riflessione teologica basandosi sulla convinzione che la natura e lo spirito convergono verso Dio, sia nell’universo naturale che nella persona umana. Due strade apparentemente distinte che convergono verso un comune punto Omega rappresentato dalla figura di Cristo. Nella sua riflessione le due “storie”: naturale e sociale, vengono così straordinariamente intrecciate. Se la “Laudato sì” può essere considerata una pietra miliare del magistero papale, non si può dire la stessa cosa per l’esortazione apostolica “Laudate Deum”. Una esortazione con la quale Francesco si è spogliato delle vesti magisteriali per vestire la corazza del militante, quasi a volersi avvalere dell’antico adagio dell'”Ipse Dixit”, facendo proprie, forse assiomaticamente, sicuramente con una certa dose di imprudenza, tesi scientifiche sul cambiamento climatico servite più per un uso e consumo giornalistico, manipolatorio proprio di quei centri di potere e di quegli interessi economici che lui stigmatizzava nel documento. Sono queste mie riflessioni sicuramente non tutte condivisibili, a volte critiche, ma che hanno voluto rifuggire da quella retorica facile, scontata, banale sulla morte del papa che è stata inscenata disgustosamente in tutti i talk show e telegiornali del Regno. Per ogni Papa il giudizio di chi scrive non è mai stato retorico e ne tantomeno acritico. Tuttavia tutti, e dico tutti, siano stati essi stupidamente catalogati come progressisti o come conservatori, sono entrati nel mio cuore perché Padri santi della Chiesa universale. La bellissima frase di San Pio ” La Chiesa è Mamma mia”, l’ho fatta solidamente anche mia! Ora non ci rimane che attendere il nome del nuovo Pietro.
Matera 5 Maggio 2025 Francesco Vespe