Elezioni comunali Matera 2025, Basilio Gavazzeni: “Paragoni da soppesare in vista del ballottaggio tra Nicoletti e Cifarelli”. Di seguito la nota integrale.
Nella Civiltà Cattolica di aprile leggo il saggio del gesuita Diego Mattei: «Tillie Olsen e le vite dei più». Della scrittrice statunitense di origine ebraica (1912-2007), il critico R. Edwards ha scritto: «Olsen era fermamente convinta della necessità di costruire un mondo in cui fosse possibile realizzare la “piena umanità”, un mondo in cui la dignità umana e il pieno sviluppo delle capacità di ognuno venissero custoditi e coltivati».
Questa custodia e questa coltivazione della fioritura umana devono stare a cuore a chi aspiri a diventare primo amministratore della città. Abominevole e da scartare è un candidato che calcola altro.
Il saggio si conclude citando il finale «intenso e struggente» del racconto della Olsen «Sono qui che stiro» (1957), primo della raccolta «Fammi un indovinello», appena ripubblicata da Marietti. È il monologo di una madre che, mentre stira, fa un’analisi spietata del rapporto con una figlia che ha trascurato, essendo travolta dal combattimento per la sopravvivenza economica. Il dirigente scolastico della figlia l’ha convocata, ma lei non si presenterà. Stira e stira la povera donna, e pensa: «L’aiuti solo a capire – ad avere motivo di capire – che è più di questo vestito sull’asse da stiro, indifeso davanti al ferro».
L’uomo probo che intende divenire primo amministratore della città si premuri di far comprendere a ogni cittadino stufo della politica e, magari, chiuso da anni nel proprio orticello, che non è un panno «sull’asse da stiro, indifeso davanti al ferro». Il candidato che ami di vero amore i cittadini, suoi uguali e suoi fratelli, non sopporti che siano come panni sull’asse da stiro dei giorni, in balia del ferro di una politica non intesa ad altro che agli affari. Insista, opportune et importune, perché abbiano motivo di capire che non devono abbandonarsi passivamente al ferro del politicante che prevarica.
Ieri, nel processo alla tappa del Giro d’Italia un ospite ha paragonato allo specchio le strade dei tapponi dolomitici. Come uno specchio le strade si inerpicano per mostrare a chi ambisce a vincere il Giro se abbia la tempra o no ciclisticamente all’altezza: esalterà con straordinarie performance? rientrerà nel gruppone dei normali con sommessa resa? conoscerà la passione di un flagrante crollo?
Tale il ballottaggio: è lo specchio predisposto a rivelare ai maggiori contendenti il riconoscimento popolare della loro attitudine ad amministrare la città, indietreggiate le figure dei sostenitori, come i gregari dei campioni quando la strada s’impenna.
Dell’uno e dell’altro gli elettori hanno il tempo di confrontare facce, physique di rôle, professione, competenza, discorsi, linguaggio, frequentazioni, amabilità, concezione etica, capacità di leadership, spirito di dialogo, corrispondenza al cuore della città, attenzione ai più e alle vite difficili, insomma le persone a tutto tondo.
Guai se i due si arrendessero alla sindrome che prende il nome da Palinuro, il nocchiero di Enea che, prossimo alla fatale méta del Lazio, cede al sonno e, con il timone infranto, rovina in mare. Entrambi non possono mollare. «Nessun dorma»: adesso vale anche per loro.