Basilio Gavazzeni: “L’inferno di là e l’inferno di qui”. Di seguito la nota integrale.
Capita che qualcuno mi chieda dell’inferno, una verità di fede che i più considerano vitanda, ma il cui lemma ricorre di continuo sulle labbra di tutti. Memore del Vangelo, del Magistero della Chiesa e di una sicura riflessione di Hans Urs von Balthasar, rispondo che l’inferno esiste ed è per l’eternità lo stato sommamente infelice voluto dal diavolo e dai suoi, e anche la possibile condizione nell’aldilà di un io che nella vita terrena fino all’ultimo abbia detto un no assoluto all’amore assoluto di Dio; che il cristiano deve pregare e desiderare che non tocchi a nessun umano; che ognuno deve far di tutto per scansarlo e che con una decisa buona volontà, soprastando la carità di Cristo e la misericordia di Dio intesi all’opera di salvezza, non sia difficile scansarlo.
Si deve concedere che, storicamente, per secoli, il terzo dei quattro Novissimi, più della morte, del giudizio e del paradiso, occupò nella catechesi una posizione esorbitante, ma si deve anche ammettere che trattenne moltitudini e gli stessi potenti dal compiere il male. Søren Kierkegaard riconosceva che il timore e il tremore incussi dal pensiero dell’inferno accompagnarono i cristiani del passato in percorsi esistenziali segnati dal bene.
L’estirpazione dalla cultura della verità dell’inferno, purtroppo, ha favorito inaudite esondazioni facinorose. Sembra una nemesi: mentre gli uomini di Chiesa hanno pressoché defenestrato la verità dell’inferno dalle omelie e dalle pubblicazioni teologiche e qualcuno, addirittura, si è spinto a dimostrarne teoricamente e giuridicamente l’assurdità, costatiamo che l’inferno si dilata sempre più sulla terra. Non avanza oggi a pezzi con la terza guerra mondiale denunciata da Papa Francesco?
I suoi terrificanti bagliori si ergono da sgretolamenti politici che si muovono ininterrotti e lenti da anni. L’ecpirosi del mondo vaticinata da un filosofo antico oggi potrebbe contare sul nucleare canaglia che, silente, è stoccato in miriadi e miriadi di depositi che tarlano l’intera crosta terrestre. Per il momento con larghezza lo suppliscono droni minuscoli e missili giganteschi di altissima precisione e capacità distruttiva. Invasati registi delle loro incursioni, quattro o cinque despoti di grande rilevanza internazionale che non cedono alla ragione e alla pietà.
Uomini, donne e bambini ne sono annichiliti ogni giorno. Le madri trattengono le matrici. I popoli sono impotenti. Le accorate voci di Papi e dei saggi risuonano inascoltate. Sui loro palcoscenici i politici si esibiscono in moltiplicate recite inconcludenti. Gli opinionisti pullulano, soprattutto al riparo. L’inferno di qui irride: sa di essere refrattario a ogni contenimento.
E noi? La vita ci strattona avanti. I migliori si battono contro i piccoli inferni locali. Anche i più distratti, tuttavia, cominciano a temere che qui, un giorno o l’altro, l’inferno di qui ci incolga. Incolga soprattutto i nostri ignari implumi. Sola aleggia la speranza teologale che tiene testa a ogni inferno.
Siamo certi che Dio provvede da par suo infinitamente alle creature consumate quotidianamente dall’inferno di qui. Chiunque comprende che se non vi fosse questa suprema e giusta cura, il mondo sarebbe assurdo.
Forse, all’inizio di questo articoletto, ho riferito con un eccessivo ottimismo la sostanza dottrinale della verità dell’inferno di là. È che, per interesse, mi ostino a pensare che l’inferno sia vuoto. Non sai cosa ho fatto per il mio fratello Giuda pare abbia detto Gesù Cristo in visione a una mistica. E per Putin, e Khamenei e compagnia e lo loro cricche diaboliche che farà? La loro pertinace e immensa aggressione agli altri non è un’oggettivazione del loro assoluto no a Dio? Che diritto avrebbero di sedere alla mensa del Regno di Dio accanto alle vittime finalmente consolate? L’inferno minacciato dallo stesso Gesù Cristo in un paio di parabole è soltanto una pedagogia minacciosa? Ed egualmente, seppure influenzate dalla cultura del tempo, le terribili visioni di santi e di piccoli veggenti?
Ma perché nelle chiese del nostro villaggio non minacciare l’inferno a persone che notoriamente con metodo e ferocia prevaricano sugli altri?
Basilio Gavazzeni