Giuseppe Priore in una nota annuncia che in data odierna il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar Basilicata annullando il Decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica n. 310 del 27.09.2023 con il quale si disponeva la sua revoca dall’incarico di Presidente dell’Ente Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. Di seguito la nota inviata da Giuseppe Priore.
Un decreto apparso da subito ingiusto ed illegittimo. Un vero e proprio atto politico contra personam con una regia lucana.
Un atto discriminatorio anticipato da decine di articoli di stampa confezionati contro il sottoscritto con l’intento di delegittimare, infamare e screditarmi pubblicamente. Ancor peggio danneggiare la mia immagine per influenzare negativamente l’opinione pubblica, gli amministratori del territorio, i collaboratori. Hanno partecipato in tanti, ognuno con un ruolo ed i nomi sono tutti noti.
Non mi sono arreso, neanche dinanzi alle difficoltà gestionali.
Per oltre due anni ho sollecitato la nomina di un Direttore a tempo pieno per porre rimedio alla paralisi amministrativa. Nessuna soluzione romana. Chi conosce la struttura amministrativa del Parco Nazionale sa che la nomina di un Direttore avrebbe consentito il ripristino non solo della gestione ordinaria, ma senza dubbio quella straordinaria. Con la collaborazione degli uffici, sarebbe stato possibile sbloccare la programmazione, avremmo rimediato alle istanze dei territori, avremmo messo in campo tutte le azioni necessarie di tutela e salvaguardia, non con la mera propaganda, ma con azioni concertate con i membri del Consiglio Direttivo.
Ad onor di cronaca anche il Consiglio Direttivo composto da professionisti ed esperti dell’ambiente, dopo qualche mese veniva sciolto al solo scopo di dare maggiore autonomia al prescelto commissario Tisci. Le motivazioni dello scioglimento? Insussistenti, preconfezionate. Il metodo utilizzato è stato il medesimo e per fortuna che qualche membro non si è fatto intimorire denunciando alle autorità competenti le affermazioni contenute in una relazione a firma di Tisci.
Una revoca anticipata dalla macchina del fango coordinata, ma risultata poco efficace per motivare un provvedimento finalizzato a liberare una poltrona seguendo l’attuale logica dell’amichettismo.
E allora si sono affidati agli uffici ministeriali che hanno costruito un obrobrio amministrativo, esponendo uffici ed il Ministro in prima persona alla responsabilità erariale.
Hanno esposto il Ministro dell’ambiente che per amor di coalizione ha assecondato i desiderata di uomini di partito. E’ infatti emerso soltanto nel giudizio di appello che i fatti posti a fondamento del provvedimento di revoca era insussistenti, oltre ad una evidente violazione delle basilari regole sul procedimento amministrativo. Conferma il Collegio che “La comunicazione ex art. 7 l. 241/1990 è infatti atto necessario anche in caso di revoca, in quanto tale provvedimento produce inevitabilmente effetti negativi nei confronti degli interessati” e che “l’apporto partecipativo dell’appellante avrebbe potuto contribuire ad una diversa determinazione dell’amministrazione”.
Ancor più grave l’aver ignorato una norma di legge. Scrivevano gli uffici ministeriali nel provvedimento di revoca che il sottoscritto, per un arco temporale, avesse agito illegittimamente perché non prorogato. Il Consiglio di stato, smentisce tale falsa ricostruzione richiamando l’art. 33 del Decreto legge 8 aprile 2020, n. 23, conv. in l 5 giugno 2020, disposizione quest’ultima che ha rispondeva all’esigenza -nel periodo pandemico del Covid- di limitare i contatti interpersonali che sarebbero necessariamente intervenuti a seguito della necessità di rieleggere gli organi. Quindi l’avvalersi della proroga non costituiva una facoltà quanto piuttosto un obbligo in linea con le restrizioni di movimento all’epoca vigenti; che si tratti di proroga di diritto lo dimostra, nel caso in esame, lo stesso comportamento dell’amministrazione che, con il successivo d.m. 135/2022, per altro Commissario, ha preso atto dell’intervenuta scadenza del periodo di commissariamento prorogato in base al richiamato art. 33 d.l. 23/2020. Casualità o dimenticanza.
Hanno sperato in una resa che non c’è stata. Gli uomini liberi non si arrendono. Con i miei legali a cui va il mio personale ringraziamento abbiamo ripristinato la verità.
Un esito scontato l’accoglimento dell’appello, ma durato oltre un anno e mezzo. Un tempo limitato, ma infinito per chi come me ha atteso l’esito.
Un periodo di incertezza che ha allontanato persone e messo in discussione la mia esperienza professionale, con inevitabili conseguenze anche nella vita privata.
Una vittoria di tutti, anche di chi ha esultato quando in prima pagina il solito giornale annunciava la mia revoca e l’inizio di una nuova stagione per il PNAL.
Oggi finalmente la verità è stata certificata e l’arroganza e l’incompetenza hanno perso. Tornerò come è mia abitudine a curare gli interessi di questa grande e variegata area protetta, coerentemente con lo spirito della Legge che l’ha istituita, con l’obiettivo di integrarla con le aspettative legittime del territorio e della natura che la compone, dando esclusiva priorità alle istanze dei cittadini e alla tutela dell’ambiente.
Chiederò immediatamente al Ministro di essere ricevuto e ritornerò al mio posto fino alla naturale scadenza; convocherò nei prossimi giorni una conferenza stampa.