Etica e deontologia medica, parte seconda. Di seguito il 12° intervento del nuovo ciclo di appuntamenti con il dottor Nicola D’Imperio per “Medicina Live”, il nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Nella prima parte della trattazione di questo argomento ho parlato del “Giuramento di Ippocrate” del V secolo a.C., le cui regole sono state da insegnamento morale ai medici per più di duemila anni; prima di trattare dell’attuale giuramento, che si ispira a quello antico, ritengo che sia opportuno soffermarci ancora brevemente su quest’ultimo. Come si ricorderà (chi non lo avesse letto può consultare l’articolo pubblicato su Medicina Live di domenica 13 aprile) inizia in tal modo: “Giuro per Apollo Medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli Dei tutti e per le Dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le mie forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto che mi impone …”.
Il mondo greco è quello da cui si è sviluppata, progressivamente nei secoli, la medicina moderna e credo che sia interessante e anche utile conoscerne le basi. Il Giuramento di Ippocrate segna quasi un punto di transizione dalla medicina antica, che nella mitologia greca era collocata nell’ambito della religione e della filosofia, a quella scientifica basata sull’evidenza dei risultati.
Mi soffermerò pertanto sulla medicina mitologica in quanto mi ha sempre affascinato, conscio di deviare da quello che è il mio essere uomo di scienza e medico moderno, ma, permettetemelo, secondo Seneca “semel in anno licet insanire”, oppure, per parafrasare Orazio, il più grande poeta lucano, “dulce est desipere in loco” (questa la traduco perché è più difficile: “è dolce ammattire a tempo opportuno”.
Il Mito
Il dio Apollo, o Phebos (il luminoso), oltre ad essere il dio della musica, dell’intelletto, della profezia, auriga del carro del sole, era il dio delle arti mediche per eccellenza, nel bene con la guarigione dell’uomo dalle malattie (dai Romani veniva chiamato Apollo medicus), ma anche nel male arrecando, come consuetudine nel rapporto conflittuale tra gli Dei e l’uomo della religione greca, anche terribili pestilenze. Secondo il mito Apollo si innamorò di Coronide, una principessa, mentre questa faceva il bagno in un lago, da cui fu corrisposto e che restò incinta; il dio le lasciò a guardia un corvo, che a quel tempo era bianco. Coronide però lo tradì con un tale Ischi. Il corvo corse a riferire l’accaduto ad Apollo che lo punì per non aver sorvegliato la sua amata e da bianco gli cambiò colore e divenne nero, e da allora i corvi sono scuri come la pece. Ma alla sorella del Dio, Artemide, la vendicativa dea della caccia, non bastò la punizione inferta al corvo che ritenne troppo lieve, e, per vendicare l’onore del fratello, uccise Coronide con uno dei suoi micidiali dardi. Apollo si impietosì e decise di salvare il bimbo che Coronide aveva in grembo, lo chiamò Asclepio (Esculapio secondo i Romani), un semidio, e come tale mortale, ma gli trasferì il dono di guarire gli uomini dalle malattie e da qualsiasi ferita, e anche di resuscitare i morti.
Il prestigio di Asclepio crebbe a dismisura ed ebbe cinque figlie, tutte dedicate alla medicina: Igea, la salute, Panacea, le erbe medicinali, Iaso, la guarigione, Acheso, che controllava la guarigione, Egle, la salute splendente. Ma questa potenza e le sue doti sovrumane preoccuparono Zeus, il re degli Dei, che, temendo che venisse messo a repentaglio il maggiore privilegio degli Dei sugli uomini, cioè l’immortalità, uccise Asclepio con una delle sue saette. Apollo, disperato e furioso, per vendicarsi uccise i tre Ciclopi che forgiavano le saette di Zeus. A tal punto il re degli Dei, per placare l’ira di Apollo ed evitare un incidente diplomatico tra gli Dei, trasformò il corpo di Asclepio, incenerito dal suo fulmine, in una costellazione; in tal modo il semidio Asclepio, mortale, divenne un dio, seppure minore ma pur sempre immortale. Nell’antica Grecia sorsero numerosi tempi dedicati ad Asclepio, sorvegliati da un serpente, meta di pellegrinaggi di numerosi malati alla ricerca di guarigione.
Il principale era ad Epidauro, dove la statua di Asclepio veniva rappresentata con un bastone attorno a cui era avvinghiato un serpente (da cui il simbolo della medicina).
Un’ultima curiosità, che conserva ancora oggi le sue tracce. A Roma, nel 292 a.C., imperversava una terribile pestilenza, il Senato romano inviò ad Epidauro una delegazione per prelevare la statua di Asclepio allo scopo di sedare la pestilenza; mentre la nave, di ritorno, risaliva il Tevere, il serpente del bastone della statua si tuffò in acqua e nuotò sino all’Isola Tiberina, dove fu eretto il tempio di Asclepio e da allora l’isola fu dedicata alla medicina nei secoli, e la tradizione durò a lungo tanto che nel 1585 fu costruito l’ospedale Fatebenefratelli, tutt’ora uno dei più importanti ospedali di Roma e d’Italia.
Ippocrate (Kos 460 a.C. – Larissa 377 a.C.) è giustamente considerato il padre della medicina scientifica, colui che traghettò questa materia dall’ambito del mito, della teologia e della filosofia, a quello della scienza e della professione medica scientifica e fu autore del “Corpus Hippocraticum”, ai cui insegnamenti attinsero tutti i medici antichi.
Ippocrate non insegnò solo la pratica medica, l’uso delle erbe e tant’altro, ma ebbe il grande merito di dettare e scrivere le regole deontologiche ed etiche, riassunte nell’antico “Giuramento di Ippocrate” a cui ogni medico dovrebbe attenersi e che, ancora oggi, ispira il “Giuramento di Ippocrate” moderno, la cui ultima edizione è del 2014 e che illustrerò nel prossimo articolo che sarà il terzo dedicato all’etica e alla deontologia medica.