Dalle stalle alle stelle: così il Dow Jonesnellagiornata del 9 aprile 2025. L’indice di Wall Street ha chiuso la seduta di quellocheresterànellastoria come un mercoledìd’oro a +7,87%restituendosperanza a migliaia di investitori dopo giorni di perdite. Partito da 37.387,9 puntiall’iniziodellasessionegiornaliera, il DJ ha continuato a guadagnareterrenofino a raggiungere quota 40.608,51 a fine giornata, il risultatopiùstraordinariodai tempi del Covid (2020). Il rally ha contagiato tutti ilistiniamericani: il Nasdaq ha fattoancorameglio, chiudendo a +12,16%, l’S&P 500 ha registrato il +9,51%, la migliore performance dal 2008. In poche ore di contrattazioni, imercatihannorecuperato circa 5.500 miliardi di dollari di capitalizzazione. L’ottimismo ha fatto breccia tra I trader: I volumi di scambiosonostati in costanteaumento.
La mossa di Trump che ha cambiato tutto: 90 giorni di pausa sui dazi
La scintilla che ha innescato il rally è arrivata direttamente dalla Casa Bianca. Il presidente Donald Trump ha annunciato a sorpresa una pausa di 90 giorni sui dazi reciproci, facendo tirare un sospiro di sollievo agli investitori terrorizzati dallo spettro di una guerra commerciale globale. C’è tuttavia un’eccezione di peso: la Cina. Non solo il Dragone è escluso dalla pausa, ma le tariffe nei suoi confronti sono state addirittura aumentate al 125%. Una mossa che il segretario al Tesoro Scott Bessent ha giustificato affermando che «la Cina è la principale fonte dei problemi commerciali degli Stati Uniti».
I titoli protagonisti del rimbalzo: tech e industria in prima linea
A guidare il rally sono stati soprattutto i titoli tecnologici e industriali, i più esposti al rischio di guerra commerciale. Apple ha guadagnato il +14,3%, recuperando quasi interamente le perdite della settimana precedente, mentre Tesla ha chiuso a +17,8%, beneficiando della prospettiva di minori tensioni su componenti e materie prime. Nel settore industriale, Boeing ha registrato un +11,2%, Caterpillar +9,7%. Anche il comparto dei semiconduttori ha brillato: Nvidia +16,5%, AMD +15,9%, Intel +10,2%. Il sollievo è stato palpabile anche per le catene retail come Walmart (+8,1%) e Target (+7,9%), fortemente dipendenti dalle importazioni. Solo le aziende farmaceutiche e i titoli difensivi hanno mostrato rialzi più contenuti, sintomo di una rinnovata propensione al rischio da parte degli investitori.
Il panico sul mercato obbligazionario: quando i Treasury tremano
La vera ragione del dietrofront di Trump va cercata nelle turbolenze senza precedenti sul mercato dei titoli di Stato americani. Nei giorni precedenti all’annuncio, i rendimenti dei Treasury a 10 anni erano schizzati oltre il 5,2%, livelli che non si vedevano dal 2007. Gli spread tra i titoli a breve e lungo termine si erano distorti, segnalando un’anomalia nei mercati che aveva allarmato anche la Federal Reserve. I dati della settimana scorsa mostravano una fuga di capitali stranieri dai Treasury per oltre 37 miliardi di dollari, un’emorragia che minacciava di trasformarsi in valanga. Per un’amministrazione che ha fatto della forza economica il proprio cavallo di battaglia, il messaggio era chiaro: rischiare una crisi di fiducia sul debito pubblico americano sarebbe stato un azzardo troppo grande, persino per un presidente noto per le sue posizioni intransigenti.
I pattern grafici che non mentono: cosa dice l’analisi avanzata
Gli analisti tecnici osservano con particolare attenzione il grafico giornaliero del Dow Jones. Il forte rimbalzo ha formato un pattern “hammer” (martello), considerato un segnale di inversione rialzista dopo un trend ribassista. L’RSI (Relative Strength Index)è risalito rapidamente dalla zona di ipervenduto (sotto 30) fino a 58, riequilibrando il mercato. Le bande di Bollinger si sono allargate significativamente, confermando l’aumento di volatilità, mentre il MACD ha generato un segnale di incrocio rialzista. Particolarmente significativo è il superamento della media mobile a 50 giorni, che molti trader utilizzano come discrimine tra mercato rialzista e ribassista.
Europa in rosso profondo: la beffa del timing
Il Vecchio Continenteassisteimpotentealla festa americana, con le Borse europeechechiudonoibattenti in unagiornata da incubo. Uno tsunami di vendite ha spazzato via 446 miliardi di dollaridailistini, lasciando un mare rosso sui monitor deitrader da Londra a Milano. Parigi ha soffertoparticolarmente, con il CAC 40 che ha lasciatosulterreno il 3,34% scivolandofino a 6.863,02 punti. Non è andatameglio a Francoforte, dove il DAX ha ceduto il 3% fermandosi a quota 19.670,88, mentre Milano ha limitatoidanni con un -2,75% a 32.730,57 punti. Gli svizzerihannovissuto la giornatapeggiore, con lo SMIcrollato del 4,15% a 10.887,73 punti, in quellacheglioperatorigiàdefiniscono “la tempestaperfetta”.Il motivo? Una semplice questione di timing: l’annuncio di Trump è arrivato quando i listini europei avevano già chiuso, lasciandoli a fare i conti solo con la risposta cinese ai dazi americani. Gli investitori del Vecchio Continente hanno potuto solo osservare con frustrazione il rally americano, pronti a recuperare nella seduta successiva. Una beffa che mostra ancora una volta come le decisioni di Washington possano ribaltare in pochi minuti gli equilibri dei mercati globali.
Borse asiatiche in rialzo: l’effetto Trump attraversa il Pacifico
Mentre l’Europa soffriva, le Borse asiatiche hanno potuto beneficiare dell’annuncio di Trump. Il Nikkei ha ripreso la corsa al rialzo, chiudendo al +8,32% a quota 34.353,17. Anche Hong Kong sembra ritrovare fiducia, (+3,46%). Un segnale chiaro che i mercati asiatici, pur consapevoli delle tensioni specifiche con la Cina, hanno tirato un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di una guerra commerciale globale. I futures sugli indici europei hanno immediatamente reagito all’annuncio di Trump, segnando rialzi significativi nelle contrattazioni after-hours. L’EuroStoxx 50 future è salito del 2,8% nelle ore serali, mentre i futures sul DAX tedesco hanno guadagnato il 3,1%. Anche i futures sul FTSE MIB italiano hanno mostrato un rimbalzo del 2,6%. I gestori europei, colti di sorpresa, hanno dovuto rivedere rapidamente le loro strategie. I settori più penalizzati durante la seduta (automotive, lusso ed export) sono quelli che hanno mostrato i maggiori recuperi nei futures, segnalando un probabile rimbalzo alla riapertura dei mercati continentali.
L’eccezione cinese e i rischi nascosti: cosa c’è dietro l’inasprimento delle tariffe
La scelta di escludere la Cina dalla tregua commerciale nasconde scenari complessi. Con le tariffe portate al 125%, Trump ha lanciato un messaggio inequivocabile a Pechino. Ma i rischi sono bidirezionali. La Cina detiene Treasury americani per circa 800 miliardi di dollari, seconda solo al Giappone, e il timore di vendite massicce da parte cinese ha contribuito alle recenti tensioni sul mercato obbligazionario USA. Non è solo teoria: già si registrano effetti concreti, come la cancellazione da parte di Amazon di alcuni ordini di prodotti Made in China per ridurre l’esposizione alle nuove tariffe. La guerra commerciale con il Dragone potrebbe avere ripercussioni sulle catene di approvvigionamento globali, con potenziali impatti inflazionistici negli Stati Uniti.
La Fed osserva con attenzione: come cambiano le prospettive sui tassi
Il rally di Wall Street ha influenzato le aspettative sulle future mosse della Federal Reserve. Il sismografo delle attese sui tassi ha registrato una scossa immediata dopo le parole di Trump. Gli operatori hanno rapidamente riscritto le loro previsioni sulla Federal Reserve, con il FedWatch Tool che ha visto crollare dal 68% al 42% le probabilità di un taglio del costo del denaro già a maggio. Con lo spettro della guerra commerciale che si allontana, almeno temporaneamente, i mercati scommettono che Powell e colleghi possano ora permettersi il lusso di una maggiore pazienza. L’aria di respiro concessa all’economia potrebbe trasformare profondamente lo scenario dei rendimenti obbligazionari nelle prossime settimane, con ripercussioni a catena sui listini azionari che avevano già iniziato a prezzare mosse aggressive della banca centrale.
L’impatto sull’economia reale: oltre i numeri di Wall Street
Al di là dei numeri che infiammano Wall Street, la vera partita della tregua commerciale si gioca nel cuore pulsante dell’America produttiva. Dai capannoni del Midwest ai terminal portuali della California, fino agli scaffali dei grandi magazzini, l’economia reale aveva già iniziato a tremare. La Camera di Commercio americana aveva dipinto uno scenario apocalittico con 1,7 milioni di posti di lavoro in bilico se i dazi fossero stati applicati senza freni. Gli agricoltori del Midwest, già in ginocchio per le precedenti battaglie commerciali con Pechino, guardavano con terrore alla prospettiva di un crollo del 22% nelle esportazioni. I 90 giorni di pace concessi da Trump rappresentano un salvagente lanciato a un’economia in affanno, ma nelle sale riunioni delle grandi aziende l’aria resta pesante. Due terzi dei CEO delle aziende che compongono l’S&P 500 hanno già congelato progetti e investimenti, tenendo i portafogli chiusi in attesa di un orizzonte meno tempestoso.
Dow Jones oggi: FAQ
Perché il Dow Jones è salito così tanto il 9 aprile?
Il balzo del 7,87% è stato causato dall’annuncio di Trump di una pausa di 90 giorni sui dazi reciproci (con l’eccezione della Cina), che ha allontanato i timori di una recessione immediata.
Quanto può ancora salire il Dow Jones nelle prossime settimane?
Gli analisti indicano un potenziale target a 44.558,9 punti, ma molto dipenderà dall’evoluzione delle trattative commerciali e dai dati macroeconomici.
Cosa significa l’aumento dei dazi alla Cina al 125%?
È un inasprimento significativo che potrebbe avere conseguenze sul commercio globale e potenzialmente sui Treasury americani detenuti dalla Cina.
Come reagiranno le Borse europee?
È probabile un rimbalzo tecnico nella seduta successiva, ma l’andamento futuro dipenderà dalle relazioni commerciali tra USA, UE e Cina.
La pausa di 90 giorni sui dazi è definitiva o potrebbe essere revocata?
Non è definitiva e rappresenta un periodo di negoziazione. Trump potrebbe cambiare posizione in base all’andamento delle trattative o ad altre considerazioni politiche ed economiche.