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Andamento economia in provincia di Matera nel 2015, report di Confapi Matera

Come di consueto, Confapi Matera ha inviato al Prefetto Bellomo la relazione sull’andamento dell’economia nella provincia di Matera, relativa all’anno 2015.

La complessità dell’attuale fase economica si riflette sui dati acquisiti dalle imprese: convivono infatti segnali di difficoltà con pochi elementi che possono essere letti in chiave positiva; tutti i saldi riferiti alla situazione corrente restano in territorio negativo; c’è ancora un prevalere di imprese che segnalano un rallentamento dell’attività economica.
Persiste, infatti, una chiara riduzione del passo della domanda domestica e di quella proveniente dai Paesi dell’Unione Europea, e le prospettive dell’inizio del 2016 sono poco incoraggianti.
Il dato macroeconomico più evidente è il delinearsi sempre più marcato di un’Italia a due velocità, con il crollo degli investimenti nel nostro territorio, accompagnato da un preoccupante calo demografico e da uno spopolamento dei piccoli comuni e delle aree interne, cui segue di pari passo una desertificazione imprenditoriale che si riflette soprattutto sul mercato del lavoro dei giovani.
Il calo degli investimenti riguarda soprattutto l’industria manifatturiera e persiste ancora nel comparto delle costruzioni, da sempre trainante della nostra economia e duramente colpito da 8 anni consecutivi di crisi.
Ovviamente, in periodo di crisi Confapi Matera aumenta la sua attività di promozione e di supporto alle imprese associate, agendo su più fronti e con discreto successo. In primo luogo è stata utilizzata la leva dell’internazionalizzazione, portando le aziende in mercati in espansione come quelli del Mediterraneo, dell’Est Europa e del Medioriente, nella consapevolezza che l’integrazione crescente dei mercati richiede sempre più efficienti sistemi di interrelazione. Di pari passo con l’internazionalizzazione va l’innovazione tecnologica, storico gap dell’economia locale che l’Associazione cerca di superare grazie a un’attività di collaborazione con l’Università della Basilicata e con i principali centri di ricerca presenti sul territorio.
Nel 2015 si è leggermente attenuata la contrazione del credito bancario, anche se le erogazioni verso le imprese sono ancora limitate; forse è giunto il momento di distinguere le banche che fanno finanza (banche d’affari o di investimento) da quelle che sostengono l’economia reale (banche commerciali o di finanziamento alle imprese e alle famiglie). È notorio, infatti, che la qualità del credito sia notevolmente peggiorata, con eccedenza delle linee a breve termine rispetto a quelle a medio e lungo termine, ma soprattutto con una propensione maggiore delle banche a vendere prodotti finanziari che a concedere credito alle imprese.
Circa l’andamento dei singoli settori, hanno il segno più agroalimentare, turismo, ICT e terziario avanzato, mobile imbottito, meccanica, automotive, chimica e plastica-gomma, servizi per l’ambiente e tecnologia ambientale. Col segno meno edilizia, industria manifatturiera, servizi, commercio, legno e arredamento, tessile, trasporti, servizi alle imprese, vigilanza e pulizia, grafica, tipografia, editoria, cartotecnica, industria estrattiva, conglomerati cementizi e bituminosi, prefabbricati in cemento, infissi e serramenti.
Riguardo al turismo si segnala che alle buone perfomances della città di Matera (+40%) non corrisponde un pari successo negli altri comuni e nella costa jonica metapontina. Si assiste dunque al paradosso che Matera sta destagionalizzando i flussi turistici, ma il turismo balneare subisce una battuta d’arresto, capovolgendo così un paradigma cui eravamo abituati.
L’exploit del turismo nel 2015 nella città dei Sassi necessita di essere assecondato, governato e sostenuto. Qui si ripropone il solito punto dolente dei collegamenti e delle infrastrutture, vera pecca della provincia di Matera, da sempre lamentata dagli imprenditori e oggi refrain di ogni turista intervistato.
Un piccolo segnale positivo giunge dall’edilizia: i dati provenienti dell’Edilcassa Regionale di Basilicata, nell’anno edile 1° ottobre 2014 – 30 settembre 2015 riportano un aumento della massa salari del 7,37% a livello regionale e del 9,8% a livello provinciale.
Riguardo al mercato del lavoro i numeri della crisi sono rimasti sostanzialmente invariati, con un ricorso maggiore agli strumenti di riduzione di orario (cigo a rotazione e contratti di solidarietà), piuttosto che a licenziamenti e a cigo a zero ore. Lo sgravio contributivo ha dato impulso a stabilizzare rapporti di lavoro atipici o saltuari, più che a creare nuovi posti di lavoro. Le cessazioni di lavoro sono ancora alte, ma sono attestate sui numeri dello scorso anno. Permane una situazione gravissima per la disoccupazione giovanile, intellettuale e no.
Nel 2015, il saldo di nati-mortalità è tornato negativo, con una prevalenza di nuove aziende di servizi rispetto a quelle manifatturiere e delle società di capitali rispetto alle società di persone e alle ditte individuali. Calano le imprese a conduzione femminile. Rimane ridotta la dimensione delle imprese. Diminuiscono le imprese nell’artigianato, nell’industria manifatturiera, in quella delle costruzioni e nel commercio; aumentano nel turismo e nei servizi.
Nell’anno 2015 il debito delle amministrazioni locali rimane ancora molto elevato. Le cause sono rintracciabili nella riduzione dei trasferimenti statali e negli scarsi risultati delle politiche di revisione della spesa. L’accorpamento dei piccoli Comuni al di sotto dei 5mila abitanti potrebbe portare benefici in tal senso, così come la gestione unitaria degli appalti oltre i 40mila euro attraverso le Centrali Uniche di Committenza, su cui purtroppo le nostra amministrazioni locali sono in forte ritardo. L’accorpamento, tuttavia, rischia di essere un’arma a doppio taglio, perché se i Comuni non si adegueranno dovranno intervenire le Regioni e, se queste ultime non lo faranno, subiranno un taglio dei trasferimenti.
Le manovre di contenimento della spesa pubblica e di riequilibrio dei conti pubblici hanno soffocato ulteriormente la crescita con l’aumento della pressione fiscale e dei costi dei servizi.