Inaugurata nel tardo pomeriggio negli spazi di Momart Gallery in piazza Madonna dell’Idris n.5/7 a Matera la mostra “Stratium – Espandere l’ombra, scavare la luce”. L’evento ha offerto in serata anche live audio-vision performance.
“Stratium. Espandere l’ombra, scavare la luce” è un progetto ideato da CLAY – hub di ricerca artistica e nuove tecnologie e curato da Alessia Pietropinto.
L’iniziativa nasce dal desiderio di costruire un dialogo tra arte contemporanea e identità territoriale, valorizzando la città di Matera attraverso un evento che unisce arte visiva, musica e tecnologie digitali. Stratium rappresenta una piattaforma di sperimentazione e ricerca che invita artisti, studiosi e pubblico a interrogarsi sul significato della percezione e della memoria nel mondo contemporaneo.
Stratium è un contest nazionale di videoarte, aperto a tutti gli artisti contemporanei specializzati nel linguaggio audiovisivo. L’Open Call, lanciata lo scorso settembre e chiusa il 18 ottobre, ha raccolto numerose candidature da tutto il territorio italiano. Le opere sono state valutate da un comitato scientifico composto da Monica Palumbo (Direttrice Artistica della Momart Gallery), Alessia Pietropinto (Curatrice indipendente), Angelo Bitetti (Visual Artist – Clay Aps) e Giuseppe Nicoletti (Artistic director – Clay Aps).
I cinque artisti selezionati – il duo artistico Citron | Lunardi, Daniela D’Amore, Luca Granato, Antonio Teora e Martina Fraccaro – confluiscono nel progetto artistico composto da un’installazione rappresentante il cuore di Stratium.
Composta da un totem di vecchi televisori che proiettano in loop i cortometraggi vincitori, l’installazione esplora il tema dell’eclissi come metafora della luce che diventa memoria: un attraversamento poetico tra visione e oscurità, tra immagine e percezione. Ogni contributo audiovisivo diventa spazio di riflessione, uno specchio che restituisce le stratificazioni del tempo, della città e dell’esperienza umana.
La serata inaugurale è stata animata da una live A/V performance che fonde improvvisazione musicale, sound design e visual mapping. I fiati di Angelo Manicone, le percussioni di Tommaso Di Marzio e le texture elettroniche di Daniele Antezza hanno dialogato in tempo reale con le mappature visive di InTheMiddle (Federica Mazzoccoli e Francesco Ditaranto), generando un paesaggio immersivo in cui suono, luce e gesto si intrecciano in un flusso continuo e pulsante. Un’esperienza multisensoriale che vibra tra materia e percezione, dove ogni elemento si trasforma in linguaggio e ogni vibrazione diventa parte di un organismo collettivo.
Oltre alla dimensione estetica, Stratium intende porsi come motore di rigenerazione culturale e come spazio di condivisione tra artisti, pubblico e territorio.
La Momart Gallery, attiva nei Sassi di Matera con mostre, residenze e installazioni di arte contemporanea, da anni promuove progetti che coniugano patrimonio storico e sperimentazione artistica, contribuendo a costruire un’offerta culturale di respiro internazionale.
In occasione dell’evento, sono stati organizzati laboratori didattici rivolti ai ragazzi delle scuole secondarie organizzati dalla Momart Gallery, progettati e ideati da Monica Palumbo e Alessia Pietropinto. I laboratori sono uno strumento per avvicinare i più giovani ai linguaggi dell’arte contemporanea e della videoarte, offrendo un’occasione di apprendimento esperienziale che unisce creatività, tecnologia e riflessione sul territorio
In questa visione, la collaborazione con Clay rappresenta un passo ulteriore verso la creazione di ecosistemi artistici innovativi, capaci di mettere in dialogo la storia del territorio con le pratiche più avanzate della ricerca visiva e sonora.
Stratium si presenta come un percorso esperienziale aperto a tutti, un invito a scoprire l’arte come linguaggio universale, strumento di conoscenza e connessione, occasione per vivere la città di Matera come laboratorio di idee, memorie e nuove prospettive creative.
La mostra “Stratium – Espandere l’ombra, scavare la luce” resterà aperta fino al 30 novembre 2025 venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15,30 alle 18,30.
Di seguito il testo critico di Alessia Pietropinto
Nella cerniera luminosa dei Sassi di Matera si è svolto un evento esperienziale immerso in un clima di metamorfosi e di sospesa attesa.
Stratum – Espandere l’ombra, scavare la luce, evento organizzato presso la Momart Gallery e curato da Alessia Pietropinto in collaborazione con Clay, hub di ricerca artistica e nuove tecnologie, sembra chiamare lo spettatore invitandolo a compiere un attraversamento, un viaggio dentro lo spazio e il tempo, dentro la memoria che abita la città e dentro la contemporaneità che la rielabora.
Ad emergere è una tensione poetica: “espandere l’ombra, scavare la luce” si erge a dichiarazione di metodo; è il gesto di svelare ciò che resta nascosto nel sotterraneo della percezione, di rendere visibile l’invisibile, di fare dell’eclissi una metafora del fluire della memoria. Così, le cinque opere audiovisive di Luca Granato, Daniela D’Amore, Citron | Lunardi, Antonio Teoria e Martina Fraccaro, selezionate con open call nazionale, diventano “strati” che, proiettati in loop su vecchi televisori disposti a totem, diventano al contempo superficie e profondità, invitando a contemplare non solo l’immagine, bensì la sedimentazione del tempo, del luogo e dell’esperire umano.
Ogni autore attraversa, a modo proprio, la dialettica tra luce e ombra, presenza e assenza, materia e memoria; i poli concettuali che danno sostanza al progetto.
Nel lavoro di Luca Granato, il Sud diventa scena e metafora, corpo ferito e potenziale di rinascita. What if it were like this forever? è insieme un attraversamento poetico e politico: una video performance che interroga il rapporto tra uomo, territorio e potere, restituendo le tensioni ecologiche, storiche e sociali che abitano il Mezzogiorno. Granato si muove tra ricerca artistica e attivismo, tra osservazione etnografica e sensibilità lirica. La sua opera non denuncia, ma ascolta, registra le stratificazioni del paesaggio umano e naturale, raccogliendo i segni di uno spopolamento che diventa gesto estetico e atto di memoria. Come una lunga esposizione, il suo sguardo cattura l’attimo in cui l’immobilità del presente rivela la sua urgenza di mutamento. L’immagine diventa così spazio politico, l’arte invece atto di restituzione del paesaggio alla sua dignità sensibile.
Con Childhood, Daniela D’Amore indaga l’infanzia come soglia fragile, zona sospesa tra la presenza e la dissolvenza. Le immagini si fanno tremore e ricordo, i suoni di carillon scorrono come tracce di un tempo che non si lascia possedere. L’opera si inscrive nel solco di una poetica dell’assenza: la memoria non è evocata come ricostruzione, ma come bagliore intermittente, come eclissi. Nella sovrapposizione di luce e suono, D’Amore costruisce un dispositivo di risonanza affettiva, in cui ogni frammento visivo è anche interrogazione sullo sguardo. La sua ricerca, che da anni attraversa i territori del video e della performance, lavora sulla soglia tra corpo e immagine, tra esperienza intima e percezione collettiva. Childhood diventa così un canto muto sull’origine, un atto di scavo nella memoria sensoriale che ancora ci abita, fragile e luminosa.
In FX, Antonio Teora compie un gesto di trasfigurazione: un fiore, ripreso nel suo processo vitale e digitale, diventa segno di una rinascita perenne. L’artista, da sempre attento alla relazione tra corpo e natura, sposta la pittura nel campo del video, trasformando il colore in frequenza luminosa, il gesto in vibrazione. Il blu, che domina la scena, non è tinta ma condizione mentale: sospende la materia in uno spazio contemplativo, dove il tempo biologico e quello della visione si confondono. Teora, la cui pratica si muove tra pittura, installazione e immagine in movimento, ricompone la frattura tra naturale e artificiale, costruendo un ponte tra la linfa e il pixel. FX non rappresenta il fiore, ma lo rivela come idea, come pura energia in trasformazione. In questo equilibrio di poesia e rigore tecnico si ritrova la sua cifra più intima, quella di un artista che fa della luce il linguaggio della memoria.
Il duo Citron | Lunardi trasporta lo spettatore in una realtà priva di esseri umani. In Kingdom Plantae, la natura, sopravvissuta e contaminata, rinasce come organismo ibrido, tra pixel e clorofilla. L’opera, generata in parte attraverso l’intelligenza artificiale, costruisce una narrazione post-umana dove le categorie biologiche si dissolvono in nuovi ecosistemi visivi. Il lavoro affonda le radici nella speculazione scientifica e nell’immaginario poetico: le piante luminescenti che popolano lo schermo sono presenze fantasmatiche e vitali insieme, simboli di una possibilità di rigenerazione oltre il collasso. Citron | Lunardi – un sodalizio tra una scultrice-performer e un videomaker-ricercatore – fondono discipline e sensibilità, elaborando una visione che supera i confini tra tecnologia e natura, tra umano e non-umano. Kingdom Plantae è un poema visivo sulla sopravvivenza: un ecosistema di luce e memoria in cui l’arte diventa biologia simbolica.
Con Cromofoma Cangiante, Martina Fraccaro esplora il tramonto come soglia percettiva, come istante che esiste soltanto nella propria dissolvenza. La luce proiettata diventa forma effimera, presenza temporanea che resiste alla fissazione. Il suo gesto appare minimale ma denso: attraverso segni sottili e sottrazioni, l’artista costruisce immagini che vivono nella sospensione, nel passaggio tra due stati, momento in cui la luce da fenomeno fisico diventa linguaggio. La giovane artista, la cui pratica si muove tra grafica, visual design e ricerca autoriale, sembra interrogare il tempo stesso dell’immagine, chiedendosi quanto possa durare una visione. Cromofoma Cangiante è allora una meditazione sul mutamento, un tentativo di rendere visibile ciò che sfugge: l’attimo che si consuma nel suo stesso splendore.
Cinque voci, cinque direzioni di ricerca, cinque modalità di abitare la luce e la sua assenza. Stratum diventa così un organismo corale, un paesaggio di tensioni e visioni dove ogni artista offre allo spettatore una diversa declinazione del verbo “scavare”. In ognuna di queste opere si avverte oeritla medesima urgenza: ritrovare, nel tempo dell’immagine, il tempo della memoria.
La fotogallery dell’inaugurazione della mostra “Stratium – Espandere l’ombra, scavare la luce” (foto www.SassiLive.it)













