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Coronavirus, Dell’osso (Collegio professori ordinari di Psichiatria italiani): Attenti alla caccia agli “untori” di manzoniana memoria

“Il Coronavirus non è la nuova peste manzoniana. Per questo è fondamentale mantenere atteggiamenti razionali ma anche non sottovalutare gli effetti sulla salute mentale provocati da panico, stress post-traumatico, ansia fobica”. E’ il “duplice appello” della prof. Liliana Dell’Osso, presidente del Collegio dei professori ordinari di Psichiatria italiani, l’unica lucana presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle areescientifiche, e tra i vincitori del Premio “Lucani Insigni 2020”. Partendo
dall’esperienza della Commissione Nazionale per la Salute Cinese che dal 26 gennaio scorso ha rilasciato raccomandazioni per gestire la crisi psicologica causata dall’epidemia di coronavirus – sottolinea – ci risulta che finora gli interventi mirati in Cina sono stati sporadici ed ampiamente insufficienti. I gruppi di persone a cui bisognerebbe indirizzare un supporto e aiuto psicologici sono essenzialmente due: i pazienti, con priorità per i casi sospetti e in quarantena a casa o in strutture sanitarie, insieme a contatti stretti, amici e parenti “di persone infette”; il personale sanitario, quindi non solo medici ma anche infermieri e tutti coloro che sono direttamente
impegnati a fronteggiare la situazione. Il rischio maggiore da tenere presente – afferma la prof. Dell’Osso – è il panico claustrofobico da impossibilità di interagire con altri o avere notizie sul contagio a causa della condizione di quarantena. Non sottovalutiamo che nel corso della pregressa epidemia di SARS, è stato registrato un picco d’incidenza di molti disturbi psichiatrici, come depressione, ansia, attacchi di panico, agitazione psicomotoria e persino suicidi. Quanto al personale sanitario, non esiste solo il rischio di contrarre l’infezione, ma anche di incorrere in disturbi mentali;
soprattutto, c’è la paura di infettarsi e di diffondere il virus anche ai propri familiari, amici e colleghi. Durante l’epidemia di SARS del 2003, i professionisti sanitari coinvolti furono trovati a maggior rischio di sviluppare ansia, depressione, e disturbo post-traumatico da stress. Per queste ragioni si ravvisa la necessità di predisporre interventi a sostegno della salute mentale, attraverso l’ istituzione di veri e propri “team multidisciplinari” (composti da psichiatri, psicologi, infettivologi ed infermieri) a supporto sia della popolazione sia del personale sanitario. La cosiddetta “psicosi” da coronavirus si osserva quando la paura sfugge al controllo, diventa globale. Le scene di assalto ai supermercati e la diffusione sui social di fake news la testimoniano. Di qui l’appello alla razionalità e alla responsabilità. In momenti difficili come questi provocati dai casi di coronavirus in Italia importante è ricordare che siamo una collettività. Dobbiamo mettere in atto comportamenti e azioni responsabili sia verso noi stessi che verso gli altri. In questo il ruolo degli organi di informazione-comunicazione e delle istituzioni locali tutte (non solo il Ministero alla Salute e il Governo) è fondamentale. Attenti alla caccia agli “untori” di manzoniana memoria”.