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Alzheimer e sindrome di Down, novità su test e terapie da una ricerca di Pasquale D’Acunzo: intervista allo scienziato di Tursi (Matera)

Da una ricerca dello scienziato tursitano Pasquale D’Acunzo in un laboratorio di New York arrivano alcune novità sulla malattia dell’Alzheimer, che colpisce in particolare gli anziani e sulla sindrome di Down.

Quando si parla in Basilicata di “eccellenze” non si può non far riferimento anche al ricercatore Pasquale D’Acunzo. Il giovane scienziato vive da alcuni anni a New York ed è letteralmente immerso in una serie di ricerche di valore mondiale. Le sue origini sono materane, precisamente di Tursi. La grande storia millenaria di questo centro a pochi chilometri dal mare di Policoro e Metaponto avranno influito nel percorso di crescita di un giovane professionista già molto apprezzato e stimato. Non si sente un ‘cervello in fuga’ dall’Italia, è orgoglioso delle proprie radici e desideroso di emergere nell’ottica di contribuire ad offrire con i suoi studi soluzioni a problematiche mediche che interessano la vita delle persone.
D’Acunzo ha appena pubblicato un elaborato su Science Advances (gruppo editoriale di Science) in cui si dimostra l’esistenza di una entità biologica extracellulare di origine mitocondriale mai definita prima d’ora. Di concerto con il gruppo che ha collaborato con lui in questa nuova scoperta hanno chiamato queste ‘palline’ nanoscopiche di materiale mitocondriale ‘mitovescicole’ , al tempo stesso hanno messo a punto un nuovo metodo per isolarle dal cervello, sia umano che murino. Nell’ultima parte di questo lavoro, si evidenzia l’importanza delle mitovescicole nelle malattie neurodegenerative (nello specifico Alzheimer e sindrome di Down) e nel processo di invecchiamento dato che i livelli e la composizione di queste piccole ‘sferette concentriche’ cambia nel tempo e con la malattia.

E’ stata infatti individuata una possibile strada a strategie terapeutiche e diagnostiche per malattie neurodegenerative e disturbi del neurosviluppo. Lo rileva un nuovo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Science Advances. Lo studio, denominato “Mitovesicles are a novel population of extracellular vesicles of mitochondrial origin altered in Down syndrome”, dimostra l’esistenza di una componente del cervello mai identificata prima d’ora. La ricerca, svolta nel laboratorio della Prof. Efrat Levy del Nathan S. Kline Institute di New York, ha anche una forte radice lucana, in particolare del centro di Tursi in provincia di Matera. Il primo autore, infatti, è lo scienziato tursitano di 32 anni Pasquale D’Acunzo, formato professionalmente tra Roma e Milano e trasferito a New York nel 2018.

Lo studioso lucano ha spiegato meglio la sua scoperta e le possibili implicazioni terapeutiche e diagnostiche. “Analizzando la matrice del cervello, abbiamo scoperto che contiene delle ‘palline’ delle dimensioni del coronavirus per intenderci, che sono continuamente prodotte ed espulse dai neuroni e dalle altre cellule residenti, mai state individuate prima. A queste “sferette concentriche” abbiamo dato il nome di “mitovescicole” e abbiamo descritto un metodo per isolarle dal cervello, sia umano che murino.

L’entusiasmo dello studio in corso è che ci sta permettendo di individuare alterazioni di queste nuove entità in diversi disturbi del cervello, tra cui la sindrome di Down e la malattia di Alzheimer. Stiamo ora mettendo a punto un modo per isolare le mitovescicole neuronali dal sangue e questo avrà implicazioni diagnostiche davvero importanti. Il nostro sogno, infatti, è quello di avere in futuro prossimo un test da fare su un campione di sangue che possa darci informazioni sullo stato metabolico dei neuroni, senza fare una biopsia, che è molto invasiva, a maggior ragione se parliamo di cervello, anche in una persona apparentemente sana. Speriamo di aiutare la diagnosi e la prevenzione di malattie neurodegenerative come la patologia di Alzheimer prima della comparsa dei sintomi, in modo da intervenire tempestivamente”.

Di seguito l’intervista rilasciata da Pasquale D’Acunzo per SassiLive

Dottor D’Acunzo come nasce la sua passione per la ricerca applicata in particolare al mondo sanitario? Nel suo percorso scolastico ha sempre avuto le idee chiare? Alla fine ha scelto il corso di studio giusto?

Questa branca delle scienze naturali mi ha letteralmente folgorato al liceo. Durante le ore di biologia studiammo i rudimenti della biologia molecolare e mi innamorai sempre di più di questo settore. Capii, credo, fin da subito che quella era la mia strada, e credo anche che non avrei potuto fare nessun altro lavoro con la stessa passione e curiosità. Quindi no, non mi sono mai pentito.

Ci permetta fare un passo indietro partendo da Tursi. Come ha vissuto la sua infanzia, quali ricordi ha? Le capita di pensare alla Rabatana?

Io amo Tursi, non è semplicemente il paese dove sono nato, è anche il mio substrato culturale, la terra dove ancora oggi vivono i miei genitori e molti amici intimi. Quando ho potuto, ho sempre cercato di tornare per le vacanze e tornerò sicuramente presto, COVID permettendo.

Quanto sono stati importanti i suoi genitori nella sua vita, nelle sue scelte? Ha ‘pesato’ avere un papà artista riconosciuto e stimato?
Il ruolo dei miei genitori nella mia formazione è stato importantissimo, forse addirittura cruciale.
Papà è una figura molto atipica, ha in se l’estro del grande artista ma anche una mente logico-matematica fuori dal comune. Ricordo che nei primissimi anni del liceo sbirciando nella biblioteca di casa in cerca di un libro da leggere mi imbattei per caso in un saggio che lui aveva letto e che mi aveva consigliato qualche anno prima, ‘Il caso e la necessità’ di Jacques Monod, premio Nobel per
la medicina nel 1965. E che libro! Senza saperlo, stavo leggendo una pietra miliare del pensiero filosofico moderno. Tra parentesi, anche il padre di Monod era un pittore e artista poliedrico, si vede quindi che e’ destino degli artisti avere figli che si interessano di biologia (ride)

Recentemente è stato tra i protagonisti di una pubblicazione scientifica davvero molto importante. Ce ne vuole parlare?
Tutti gli organi sono essenzialmente formati da due componenti, una parte cellulare ed una ‘impalcatura’ sulla quale queste cellule si ancorano che si chiama matrice extracellulare.
Analizzando la matrice del cervello, abbiamo scoperto che contiene delle ‘palline’ nanoscopiche, che sono continuamente prodotte ed espulse dalle cellule residenti, e che non erano mai state descritte prima. Abbiamo chiamato queste ‘sferette concentriche’ mitovescicole (dato che sono di origine mitocondriale) e abbiamo descritto un metodo per isolarle dal cervello, sia umano che
murino. In un cervello giovane e senza segni di patologia, il numero di queste vescicole e’ molto basso, ma all’avanzare dell’età ed in particolari condizioni neuropatologiche la quantità e la composizione delle mitovescicole cerebrali cambia radicalmente. Siamo molto entusiasti di questa scoperta, stiamo scoprendo alterazioni di queste nuove entità in diverse patologie del cervello, e
pensiamo che possano aprire la strada a territori terapeutici e diagnostici finora inesplorati.
Mi permetta in questa occasione di ringraziare di cuore il mio laboratorio, soprattutto il mio mentore, il Prof. Efrat Levy.

Quali sono i suoi progetti professionali per il futuro?
La grande domanda a cui stiamo cercando di rispondere in questo momento riguarda il perché le cellule, in particolare i neuroni, producono e spargono le mitovescicole nella matrice e che funzione hanno nel normale funzionamento del cervello. Questo ci permetterebbe di capire anche il loro ruolo nelle patologie. Stiamo anche cercando di manipolarne la biologia: la speranza e’ di riuscire a
‘resettarle’ ad uno stato normale, in modo da avere un miglioramento della patologia.

Dall’Italia all’America… perché questa scelta?

Nel 2018 ho saputo che la Prof.ssa Efrat Levy, che dirige il laboratorio dove lavoro al Nathan S. Kline Institute di New York, stava cercando una persona esperta in mitocondri per una nuova ricerca. Il suo laboratorio lavora su un’altra componente della matrice, gli esosomi, e quasi per caso avevano scoperto quella che all’epoca sembrava una stramberia: la presenza nei loro preparati di
materiale mitocondriale che non avrebbe dovuto esserci. Io avevo già lavorato sui mitocondri durante il dottorato, e quando ho saputo di questo progetto, non ci ho pensato due volte.

Ha avuto, per così dire, anche un periodo romano… Ho vissuto a Roma durante il dottorato, è una città che mi piace molto. Ma mi ritengo fortunato, mi sono trovato bene in tutte le città in cui ho vissuto. A Milano ho fatto l’università e ho ancora tanti amici li, ma sono stato molto bene anche a Leiden, in Olanda, dove ho svolto l’Erasmus

Cosa le manca dell’Italia?
Escludendo ovviamente i miei affetti familiari, la risposta e’ facilissima: il cibo e Tursi!

C’è stato un incontro, un contatto che l’ha cambiata indirizzando, da quel momento, la sua vita in una direzione ben precisa? A chi sente di dover dire grazie?
Sicuramente il Prof. Consalez del San Raffaele di Milano, che mi ha dato l’opportunità di pubblicare il mio primo articolo scientifico in qualità di primo nome, il Prof. Cecconi dell’Università Tor Vergata di Roma, mio mentore durante il dottorato e a cui devo davvero molto,
le Dr.sseStrappazzon e Nazio, brillanti ex colleghe con cui ho lavorato fianco a fianco e che mi hanno insegnato tantissimo, ed il mio attuale capo, Prof. Levy, che ha creduto in me fin da subito e mi dà l’opportunità di portare avanti la mia ricerca giorno per giorno. Un grazie enorme, davvero di cuore: sono stato davvero fortunato ad averli incontrati nel mio cammino.
Avverte di essere un ‘cervello in fuga’ o un professionista che si è realizzato pienamente in America?
Ho semplicemente pensato che fosse una opportunità interessante per la mia crescita professionale.
Ho poi scoperto che New York è’ una città fantastica, forse anche più di quello che credevo, e che questa esperienza mi sta maturando come persona ancor prima che come scienziato.

Che consiglio darebbe ad un giovane in cerca di lavoro di Tursi, di Policoro, di Maratea…Non aver timore di spostarsi, sia in Italia che all’estero, per coltivare le proprie passioni.

Michele Capolupo

Biografia di Pasquale D’Acunzo

Pasquale D’Acunzo nato a Policoro nel 1988, 32 anni, single. Diplomato al Liceo Scientifico ‘E. Fermi’ di Policoro con il massimo dei voti e la lode nel 2007, laureato triennale in ‘biotecnologie mediche’ alla Statale di Milano nel 2010 (con la votazione di 110 e lode), ottiene la laurea magistrale nel 2012 in ‘biotecnologie mediche, molecolari e cellulari’ al San Raffele di Milano con la stessa votazione. Consegue il dottorato di ricerca in ‘biologia cellulare e molecolare’ all’Università Tor Vergata di Roma nel 2017. Ha lavorato presso il laboratorio Cecconi del Dipartimento di onco-ematologia pediatrica e terapia genica e cellulare dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”. Vive a New York dal 2018.

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 Nelle foto Pasquale D’Acunzo e  il Phd Pasquale D’Acunzo con il gruppo ricerca e la responsabile prof.ssa Efrat Levy a New York