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8 marzo, Anna Russelli (Cgil): “Il divario di genere nel mercato del lavoro accentuato dal Covid. Si mettano in campo politiche concrete a favore delle donne lucane”

 

8 marzo, Anna Russelli (Cgil): “Il divario di genere nel mercato del lavoro accentuato dal Covid. Si mettano in campo politiche concrete a favore delle donne lucane”. Di seguito la nota integrale.

“Esiste tutt’ora una condizione di grande disparità per le donne in Basilicata. Il fortissimo divario di genere relativamente alla presenza nel mercato del lavoro regionale è stato ulteriormente accentuato dal Covid. I dati evidenziati a luglio scorso in termini di outlook sui primi mesi del 2020 hanno fotografato una situazione estremamente preoccupante: su 80 dimissioni volontarie presentate nel periodo, ben 78 sono di donne. Le donne sono quelle che hanno retto il peso maggiore nella pandemia: da madri, da lavoratrici dei servizi essenziali, spesso anche in condizione di rischio per la propria salute e sicurezza”. È quanto afferma Anna Russelli, segretaria Cgil Basilicata, in occasione della Giornata internazionale della donna domani 8 marzo.

I dati. L’ultimo censimento Istat realizzato in Basilicata diffuso lo scorso 19 febbraio rilevano una popolazione totale lucana composta da 553.254 unità di cui 281mila donne, cioè il 50,8% del totale. “Le donne lucane – riprende Russelli – sono la metà della popolazione, eppure sono presenti in minima parte nei livelli politici e istituzionali, soffrono un forte squilibrio nella condizione lavorativa e rappresentano la parte di popolazione maggiormente esposta a povertà ed esclusione sociale”. La distribuzione dei titoli di istruzione per genere in Basilicata si presenta sostanzialmente in linea con quella nazionale, con una prevalenza delle donne fra le persone che al massimo hanno conseguito la licenza elementare e tra i residenti in possesso di un titolo di studio terziario e superiore. Le donne rappresentano il 58,6% dei laureati di primo livello (Italia 59,0%), il 55,2% dei residenti in possesso di titolo terziario di secondo livello (Italia 54,7%) e il 56,7% dei dottori di ricerca (Italia 51,9%).

“Osservando i dati incrociati dell’ultimo censimento Istat e della rilevazione delle forze lavoro – precisa Russelli – è evidente lo squilibrio esistente nel mercato del lavoro lucano”. Il tasso di occupazione maschile è al 51,4%, circa venti punti più di quello femminile; il tasso di disoccupazione è pari al 11,6% per gli uomini e al 15,1% per le donne. Le differenze sono dunque più marcate per la componente femminile, con un tasso di occupazione (31,9%) di oltre cinque punti più basso della media nazionale e un tasso di disoccupazione che supera di molto il corrispondente valore nazionale. Il tasso di disoccupazione femminile giovanile (età 15-24) in Basilicata nel 2019 è del 28,8% mentre il tasso di occupazione femminile (15-64) è solo del 37,7% contro il 63,7% di quello maschile. Per non parlare dell’incidenza della disoccupazione di lunga durata (persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi), pari al del 60,6% tra le donne. Anche tra i Neet lucani (persone tra i 15 e i 29 anni non occupati né inseriti in un percorso di istruzione/formazione) le donne superano gli uomini: 28,34% femminile contro il 23,9% maschile. Sono infine 106.114 le donne a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2019, 88.364 gli uomini; 28.846 le donne in condizioni di grave deprivazione materiale, 20.745 gli uomini.

“La povertà, come si legge dai dati, è una condizione prevalentemente femminile – commenta Russelli – Moltissime donne lucane vivono una condizione di fortissima deprivazione, povertà materiale, educativa. Una situazione aggravata nell’ultimo anno, dove le donne hanno visto un aumento esponenziale dei carichi di lavoro, dovendo spesso sostituirsi anche al ruolo educativo svolto dalla scuola. Alcune aziende hanno attuato un vero e proprio ‘scambio’ tra la ‘concessione’ dello smart working e la richiesta di un aumento dei livelli di produttività. Nel periodo della pandemia si è inoltre ulteriormente accentuato il fenomeno della violenza domestica. Eppure la politica ha continuato a privilegiare il punto di vista maschile, con task force e gruppi di lavoro composti quasi esclusivamente da uomini, che hanno finito per far prevalere un’analisi dei fenomeni e delle strategie di gestione della fase emergenziale e post emergenziale priva dello sguardo e delle competenze di metà della società.

Da questa situazione si può e si deve uscire – conclude Russelli – mettendo in campo diversi strumenti. Anzitutto, occorre uscire dalla retorica della conciliazione e pensare a nuovi strumenti culturali e di sostegno che non possono esaurirsi nella politica dei bonus, come finora fatto, ma devono pensare a un rafforzamento del sistema educativo e dei servizi all’infanzia, anche come fattore di creazione di nuovi posti di lavoro e, quindi, di sviluppo del tessuto economico regionale. Più asili nido e più servizi alle famiglie accessibili a tutti. Più strumenti per incentivare la condivisione dei carichi familiari attuando un riequilibrio tra i generi. Va aumentata la disponibilità e l’accessibilità dei servizi dei centri anti-violenza, delle case rifugio, tramite appositi bandi. Va creato un Fondo regionale per il sostegno alla contrattazione di genere sostenendo accordi innovativi, che utilizzino meccanismi incentivanti per il riequilibrio dei carichi di cura all’interno dei nuclei familiari.

Occorre intervenire subito, come più volte richiesto nei mesi della pandemia, sulle misure di reddito minimo di inserimento e tirocinio di inclusione sociale, con l’introduzione di misure di esonero delle donne beneficiarie con condizioni particolarmente complicate, garantendo comunque loro l’indennità. Uno strumento importante per provare ad implementare una politica che realizzi davvero un cambiamento misurabile sulla condizione femminile in Basilicata risiede certamente nel Recovery Fund e nei fondi europei del prossimo ciclo di programmazione, su cui proprio in questi giorni le parti componenti il partenariato economico e sociale stanno elaborando le proprie proposte.

Se una società rinuncia al pieno apporto di metà della proprio popolazione – chiosa Russelli – non solo non è una società civile ma è destinata anche a soccombere nel breve termine. Si mettano in campo politiche concrete a favore delle donne lucane. Adesso”.