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La storia siamo noi: Nino Vinciguerra ricorda Angelo Chico (Janglùcch), l’anima dello scheletro massiccio

Per la rubrica “La storia siamo noi” in esclusiva per SassiLive lo storico Nino Vinciguerra ricorda il materano Angelo Chico, Janglùcch, l’anima dello scheletro massiccio del Carro trionfale in onore di Maria Santissima della Bruna, patrona della città di Matera. Di seguito la nota integrale.

Angelo Chico, una delle anime della festa della Bruna, nacque a Matera, nei Sassi (alla Chiazzòdd) a fine dicembre 1927 ma, per una strana abitudine, la sua nascita fu denunciata all’anagrafe il 1° gennaio 1928. I suoi genitori erano Francesco, train’r (carrettiere) e Maria Nicola Moliterni. Angelo, per tutti Janglùcch, fu il terzo di sei figli (i suoi fratelli erano Leonardo, Nicola, Domenico, Pietro e Damiana). In quel periodo di sacrifici e di privazioni Janglùcch, ancora ragazzino, frequentava la bottega del maestro d’ascia Vincenzo De Bonis, che si trovava nella “piazzetta della statua di Sant’Eligio”, dove fece apprendistato per sei anni (pur frequentando la scuola che abbandonò dopo il “primo avviamento”). Successivamente lavorò per undici anni con mest Andénj Casàl’n (maestro Antonio Casalino, la bottega stava in via XX Settembre-angolo via Amendola) e per otto anni con Uelùcc Campanér (Emanuele Campanaro, cognato di Casalino e figlio del barbiere “Piatt’dd”, noto per gli eventi accaduti il 21 settembre 1943). Il 30 aprile 1956, Angelo Chico sposò la ventiduenne Antonia Di Lecce che lo rese padre di 3 figli (Gianfranco, Maria Grazia e Rosalba). La lunga esperienza lavorativa maturata gli permise di diventare un abile e apprezzato artigiano e aprì la propria bottega in via Tre Corone, nei Sassi. Chico ha fatto mobili, porte, infissi, lavori di restauro e tant’altro, senza mai fermarsi, lavorando con meticolosità in qualsiasi ora del giorno e della notte. Più tardi fu assunto dalla Ferrosud dove lavorò, con perizia e cura, ai rivestimenti in legno delle carrozze ferroviarie. Un’arte la sua che, con passione, dedizione e devozione, mise a disposizione del 2 luglio. Possiamo solo immaginare quale fu la sua emozione quando, nel 1952, appena venticinquenne, per la prima volta Angelo fu prescelto dai maestri cartapestai Francesco e Raffaele Pentasuglia per far parte della squadra che avrebbe dovuto costruire il carro trionfale (il tema era “La Sacra Famiglia con Gesù fanciullo”). Da quel momento, per oltre quaranta edizioni della festa, Janglùcch, diede tutto sé stesso nel periodo dedicato alla realizzazione del carro, costruendo e rinforzando la struttura in legno che sorregge il manufatto in cartapesta, sostegno costituito da una rete di telai e listelli. Un lavoro certosino, importante e anche creativo, nonostante lo scheletro massiccio, la sua creatura, non cambia mai in quanto le misure del carro sono abbastanza “standardizzate”. Una delle sue accortezze era quella di facilitare la tradizionale rottura del carro con conseguente riduzione del pericolo di farsi male “p ci ò strazzè u cuorr” e, pertanto, evitava l’utilizzo di “c’ndrjn” (“centroni”, chiodi lunghi). Janglùcch, anche e soprattutto il 2 luglio, era assorbito dalla festa e immerso nel suo nel suo ruolo; ovviamente seguiva il carro per tutto il suo percorso, con attenzione massima, con qualche arnese a portata di mano e per dare le disposizioni di rito, fra le quali quella di alzare e di abbassare la statua della Madonna nei momenti canonici. Oltre alla collaborazione con Francesco e Raffaele Pentasuglia, Angelo Chico collaborò con gli Epifania, con Cecchino Nicoletti e con Michelangelo Pentasuglia. Negli ultimi anni, pur in età avanzata, fu attiva la sua collaborazione con il falegname Eustachio Santantonio per la costruzione dei carri che Michelangelo Pentasuglia realizzò nel 2007, nel 2009 e nel 2011 e a quello realizzato della Famiglia Daddiego nel 2012. Inoltre, non fece mancare il suo apporto, dando preziosi consigli, ad Andrea Sansone, autore dei carri del 2013, 2014, 2015 e 2017 che, grato e legato al suo ricordo, lo ha definito “mitico”. Andrea, memore dei consigli e degli insegnamenti ricevuti dal vecchio “mest d’osc” (maestro d’ascia), realizzò il carro del 2017 senza utilizzare chiodi. Certamente un momento di sofferenza Angelo Chico lo visse nel 1996 quando il carro fu incendiato. Ci fu sgomento, rabbia, tristezza. Ma nessuno si fece prendere dallo scoramento e, oltre alla ferma condanna del vile gesto, ci fu una efficace reazione; infatti, Michelangelo Pentasuglia (era il suo primo carro) e i suoi collaboratori, fra cui Janglùcch, si rimisero all’opera lavorando giorno e notte affinché il carro, di lì a pochi giorni, pur ferito, potesse portare la Madonna della Bruna in trionfo per Matera. Devozione e fede fecero la loro parte e fu la risposta migliore a chi aveva osato profanare l’orgoglio della città. Angelo Chico, per tutti Janglùcch, dopo una vita dedicata alla famiglia, al lavoro e allo “scheletro maestro” (come amava definirlo), il falegname per antonomasia del carro ma soprattutto colui che lavorò più per devozione che per gloria, morì il 14 novembre 2018.

Nella fotogallery dedicata ad Angelo Chico il carro della Bruna del 1952 di Raffaele e Francesco Pentasuglia, primo manufatto in cartapesta per il quale ha collaborato il falegname materano (foto di Michele Morelli, Archivio Rosalba Chico, Andrea Sansone, Nino Vinciguerra)