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Giovanni Caserta celebra i 150 anni dell’Unità d’Italia con il libro dedicato al garibaldino materano Giambattista Pentasuglia

E‘ dedicato a “Giambattista Pentasuglia l’uomo il soldato le idee” l’ultimo lavoro dello scrittore, storico e critico letterario materano Giovanni Caserta. Edito dall’Unitep, l’università della Terza età e dell’educazione permanente diretta da Angelantonio Pellecchia, il libro racconta le gesta del garibaldino materano Giambattista Pentasuglia e arriva nelle librerie in occasione della ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

 

“Cade in una concomitanza particolare- è scritto sul retro della copertina – perché intorno si muovono forze politiche e individualità culturali miranti a dividere gli italiani e a seminare astio e non odio, con conseguente rifiuto dell’unità e discredito su tutto il movimento risorgimentale, voluto e sostenuto da migliaia e migliaia di martiri”.

Giambattista Pentasuglia (1821-1880), conosciuto solo come “un materano alla spedizione dei Mille” è ben altro. A liberarlo da quell’etichetta in cui l’ha chiuso la tradizione e l’hanno chiuso tre o quattro articoli scritti su di lui in occasione di tre ricorrenze dell’Unità d’Italia (1911,1948, 1961), il saggio di Giovanni Caserta  mostra come il soldato sia solo un aspetto “emergente” dell’uomo e dell’intellettuale-scienziato Pentasuglia.

Sacerdote, poi liberatosi dell’abito talare e ammiratore di Gioberti, Pentasuglia ebbe larga cultura umanistica, che completò con laurea in Scienze presso l’Università di Torino. Proprio nel periodo del suo esilio a Torino (1848-1860), peraltro, fu in contatto con la più elevata ed esule cultura meridionale (Francesco De Sanctis, Camillo de Meis, Vicenzo D’Errico, Bertrando Spaventa…). Avvicinatosi all’hegelismo napoletano  approdò ad una filosofia che aveva già precorrimenti positivi. Pentasuglia ripose infatti grande fiducia nella scienza, portatrice di progresso e democrazia. In particolare, con largo anticipo sui tempi attribuì gran valore alla comunicazione e, quindi alla nuova invenzione del telegrafo, che lo vide artefice, fra l’altro, dei collegamenti tra la Sicilia e la Sardegna, l’Italia e la Turchia. “E’ bello il vedere –scriveva nel 1863- Milano, Torino, Genova, Firenze, Napoli, Messina, Palermo e Cagliari in corrispondenza ora con Marsiglia, ora con Parigi e, molte volte, specialmente Torino con Londra, Vienna, Strasburgo, Lisbona, Madrid, Costantinopoli, Alessandria D’Egitto”. Insomma Pentasuglia era uomo che credeva in un mondo unito e non poteva esimersi dalla lotta per l’unità d’Italia, che lo vide combattente nel biennio 1848-49, nel 1859, nel 1860 e nel 1886.

Il volume si arricchisce di molte pagine inedite, soprattutto poesie,  quasi tutte di ispirazione patriottica, dimenticate per 130 anni, prima nella biblioteca “Gattini”, poi nella biblioteca del Museo “Ridola” di Matera. Il 1911, ricorrendo il primo cinquantesimo dell’Unità d’Italia, il Comune di Matera provvedeva a dedicare al Pentasuglia un lapide. L’incarico di scrivere l’epigrafe fu affidato a Giustino Fortunato. La lapide, murata sulla facciata del Liceo Ginnasio “Duni”, oggi Palazzo Lanfranchi è stata però trasferita da qualche mese all’interno del palazzo in prossimità della porta d’ingresso, sulla parete destra. La lapide recita così: “ A Giovanni Battista Pentasuglia, nato il 3 novembre 1821 da Giuseppe e Concetta Buonsanti, morto il 4 novenbre 1880, Ispettore Generale dei Telegrafi. Per lui la Basilicata è orgogliosa dell’aver dato uno dei suoi figli,all’epica schiera de’ Mille, e tale, che con pubbliche e private virtù, crebbe di continuo onore a sé e alla provincia nativa. Il Municipio di Matera, nel cinquantenario dell’Unità Nazionale, a perenne memoria ed esempio dell’illustre cittadino”. Il professore Giovanni Caserta fa emergere anche la figura di un Pentasuglia poeta e tra i testi sono rispolverati il  “Giuramento nazionale all’ombra della bandiera” in versi endecasillabi, “Il popolo a Gioberti” e tanti altri documenti storici che appartengono alla storia del garibaldino Giambattista Pentasuglia.

Carlo Abbatino