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Scioglimento Consorzio industriale Provincia di Potenza e costituzione società aree produttive industriali Basilicata Spa, audizione Cgil, Cisl e Uil Basilicata

Cgil, Cisl e Uil Basilicata sentite oggi nella seduta della Seconda Commissione Consiliare Regione Basilicata,in merito Disegno di legge concernente lo scioglimento del Consorzio industriale della Provincia di Potenza e costituzione della società Aree produttive industriali della Basilicata SPA

E’ il tempo del rilancio del settore industriale, non di tirar fuori il coniglio dal cilindro magico. La Legge regionale n.12/2020 che, all’art. 5, prevede tra le tante, la nomina di un commissario liquidatore e il successivo scioglimento del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Potenza, ha avuto come effetto immediato, quello di creare un notevole allarmismo tra il personale attualmente in servizio e i fornitori che avanzano crediti importanti dal Consorzio.Nello specifico si fa riferimento agli operatori economici che smaltiscono i “fanghi” rivenienti dagli impianti di depurazione consortili, ai professionisti che collaborano nella redazione dei piani di monitoraggio per le installazioni soggette ad autorizzazione integrata ambientale.Questi ultimi, che si troveranno esposti per cifre rilevanti, accumulatesi in mesi di servizi resi e non pagati, hanno deciso e quindi comunicato di voler interrompere la loro collaborazione attiva con il Consorzio ASI di Potenza, fino a quando lo stesso Ente non avrà saldato i debiti contratti. Inoltre, tenuto conto dalla quantità di reflui prodotti e della tipologia degli impianti, la prima area industriale che andrà in crisi sarà quella di Balvano dove è insediata la FERRERO che da qui a pochi giorni dovrà fermarsi, poi Melfi, a seguire Baragiano e molte altre ancora. Tutto ciò dunque avrà anche una ripercussione diretta ed immediata sul corretto funzionamento dei sistemi di filtraggio. In altri termini nelle prossime settimane il Consorzio si vedrà costretto a inviare una comunicazione di stopdegli impianti di depurazione a tutti gli insediati, causando un conseguente blocco di ogni attività lavorativa delle imprese, non potendo più garantire un corretto smaltimento dei reflui, evitando, dunque, che i fanghi in questione possano tracimare nel corpo idrico superficiale e causare danni ambientali di notevole entità. Non si comprende, dunque, la ratio della decisione assunta dalla giunta regionale e avallata dal Consiglio di costituire l’ennesima società a capitale pubblico che rischia, senza una chiara visione strategica, di rilevarsi l’ennesima scatola vuota. Da come si evidenzia dal testo discusso nella giornata di oggi in seconda commissione, CGIL CISL e UIL ribadiscono la loro contrarietà a questo piano sottolineando forti preoccupazioni in questa transizione che non offre garanzie ai servizi strutturali offerti da questa nuova società in house e che, soprattutto, non offre garanzie occupazionali e di sviluppo, quello sviluppo tanto agognato e più volte declamato dalla politica locale. Il ddl infatti si limita a costituire lo scheletro di una società, con i suoi organi di gestione, ma non trasferisce i beni del Consorzio che resterebbero in capo al commissario liquidatore.

Inoltre, il nuovo organismo peserebbe già per 5 milioni sul bilancio pubblico, di cui almeno un paio per il pagamento delle spettanze arretrate come il Tfr e almeno tre anni di premi di produttività non corrisposti agli attuali dipendenti del Consorzio che dovrebbero transitare nella nuova società. La caduta della produzione, particolarmente marcata negli ultimi due trimestri, va contrastata anche attraverso l’immissione di efficienza nella gestione dei servizi, la semplificazione amministrativa, il miglior utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie indirizzate al sostegno del reddito e della crescita economica del comparto. Se questo è davvero il momento della responsabilità allora la politica faccia la sua parte rivedendo i termini più rilevanti da noi evidenziati e proceda al più presto in una rimodulazione tecnica del disegno di legge che dia più garanzie e non che riediti un “già visto” che in Basilicata rischierebbe di acuire una crisi storica dell’industria, specialmente in questo tempo in cui l’incertezza dell’economia è la padrona indiscussa. Chiediamo pertanto al Presidente Bardi di intervenire sulla vicenda, facendosi promotore di un cambio di paradigma a garanzia di imprese e lavoratori, operando nella modifica di un impianto legislativo volto a regolarizzare e a sostenere i livelli di occupazione e il rilancio del settore.