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Anisap: con il nuovo taglio del FSN (Fondo Sanitario Nazionale) a rischio i nuovi Lea

Mentre l’audizione in Quarta Commissione del direttore generale del dipartimento politiche della personaPafundinon aggiunge nulla di nuova alla telenovela infinita della definizione dei tetti di spesa da assegnare alle strutture private accreditate eroganti prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, l’allarme lanciato dal coordinatore della commissione Affari finanziari della Conferenza delle Regioni, Massimo Garavaglia non va preso sotto gamba. Il taglio al Fondo Sanitario Nazionale – ha detto il rappresentante delle Regioni per la sanità – è già cosa certa: il FSN per il 2017 è ridotto di 422 milioni dal momento che le Regioni a statuto speciale hanno formalizzato proprio in questi giorni la non volontà di partecipare ai tagli.
Ad evidenziarlo è l’Ufficio di Presidenza dell’Anisap Basilicata sottolineando che le ricadute si scaricheranno sui cittadini, sulle strutture della sanità pubblica e privata accreditata, su dipendenti ed operatori. E’ del tutto evidente che ad un finanziamento minore possano corrispondere meno servizi. Il problema vero, ad esempio, potrebbe essere quello di garantire effettivamente l’erogazione dei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza).Basta fare qualche calcolo: lo stanziamento per il Fondo sanitario è di 113 miliardi per il 2017, se a questi viene sottratto il miliardo che servirà a finanziare il Fondo per i farmaci innovativi scendiamo a 112 miliardi. A questo dobbiamo poi sottrarre i circa 400 milioni dei contratti e, adesso, i 422 milioni delle Regioni a statuto speciale. Scendiamo così a circa 111 miliardi. Praticamente quanto il Fsn del 2016. E tutto questo lasciando fuori i nuovi Lea. Insomma, la situazione non è certo semplice e non può disinteressare la nostra Regione.
Secondo l’Anisap l’unica strada da percorrere è quella dei risparmi nel sistema della sanità pubblica specie ospedaliera e in proposito i risparmi realizzati a consuntivo 2015 dalla Giunta Regionale per 44 milioni di euro (di cui il “grosso” – circa 34  milioni – riguarda la spesa farmaceutica) confermano quello che abbiamo sostenuto da tempo: gli sprechi si annidano nel sistema della sanità pubblica. Del resto il privato accreditato, che incide sulla spesa sanitaria regionale appena per il 2,4%, non presenta margini di ulteriori riduzioni. A chi pensa di riproporre per il 2017 i criteri definiti per i tetti di spesa per il 2016 come se si trattasse di applicare una semplice formula matematica – si legge nella nota – diciamo: abbiamo già “dato”. Parliamo di un settore che, a fronte di un tetto assegnato, ha assorbito molto meno in termini di spesa, dal momento che non appesantisce di ulteriori costi il servizio sanitario (cosa che non può dirsi per altri settori della sanità convenzionata sempre bisognevoli di risorse aggiuntive, puntualmente erogate). Inoltre, la maggior parte delle strutture rappresentate sono state più volte penalizzate da contrazioni di budget e consistenti riduzioni tariffarie che, in molti casi, ne hanno compromesso o ne stanno compromettendo la sopravvivenza. Abbiamo indicato la strada virtuosa da percorrere nell’interesse della sostenibilità della spesa contestando, ad esempio, la scelta dell’esternalizzazione di servizi e prestazioni che contrasta con i principi della spendingreview e del controllo della spesa che da tempo sono agitati a livello di Governi nazionale e regionale per giustificare i nuovi e pesanti tagli imposti anche al nostro sistema sanitario ( una ventina di milioni di euro in meno nelle casse regionali). Non si sottovaluti che la stessa Corte dei Conti ha aperto anche in Basilicata numerosi procedimenti per accertare eventuali sprechi di risorse pubbliche nella sanità (il caso più eclatante è il progetto di nuovo ospedale di Lagonegro).
La nostra proposta di integrazione pubblico-privato si muove invece su altri binari: pur in presenza di vincoli di spesa molto stringenti,  appare come una delle poche strade percorribili per rispettare il principio di garantire a tutti il diritto di cure appropriate in modo efficace, nel contempo alimentando un sistema, quello della white economy, che può rappresentare un driver per lo sviluppo e l’occupazione del sistema Paese. Solo da una virtuosa integrazione pubblico-privata, unita alla valorizzazione dell’economia della salute, dell’assistenza e del benessere della persona, può scaturire un forte cambiamento di tipo produttivo e occupazionale utile al rilancio economico e sociale della nostra regione e del Paese. In sintesi, alcune nostre idee note da anni al Dipartimento Salute:  siamo in grado di accrescere l’attività sul territorio e di affiancare le strutture pubbliche con Centri esterni accreditati, sotto la programmazione strategica del pubblico, per la definizione di criteri di erogazione delle prestazioni e dei controlli di congruità e per l’istituzione di protocolli terapeutici necessari alla definizione dei P.A.C. (Percorsi Assistenziali Complessi), oltre che per il diabete, anche per altre patologie quali ipertensione arteriosa, malattie dell’apparato cardiocircolatorio, partecipazione attiva ai programmi di prevenzione e di screening e ogni altra attività per rispondere alla domanda di salute dei cittadini. Ciò è possibile per la qualità organizzativa e professionale dei centri privati accreditati, che insieme alla snellezza decisionale, costituisce uno dei punti di forza degli stessi.  Infine per il superamento delle liste di attesa abbiamo ampiamente dimostrato che senza il  nostro lavoro i tempi di attesa si allungherebbero ulteriormente.